Il 5 dicembre del 1901 nasce a Chicago un genio assoluto del Novecento, un uomo che avrebbe regalato al mondo creature meravigliose, frutto della sua infinita fantasia: il leggendario Walt Disney o, se si preferisce, il papà di Topolino.
Quarto figlio di Elias Disney e Flora Call, la sua famiglia si trasferisce a Marceline, nel Missouri. Qui cresce lavorando duramente nei campi ed è forse per questo che l’infanzia felice e spensierata che Walter Elias Disney (questo il suo nome completo) cita nelle sue opere rappresenta più il suo sogno che i suoi ricordi, caratterizzati da fatica e sudore.
Nell’autunno del 1909 una serie di eventi portano la famiglia Disney a vendere la fattoria e trasferirsi a Kansas City. La vita nella grande città è sicuramente più dura: il padre si alza a notte fonda per la consegna dei giornali, e Walt che gli dà una mano. Lui stesso ricorderà come talvolta si mettesse in un angolino della strada per “rubare” un pisolino durante il lavoro. Un po’ di riposo per poi poter seguire le lezioni scolastiche.
Nel 1918, stanco delle regole paterne e della sua autorità, Walt Disney decide di arruolarsi nell’esercito per partecipare alla Prima guerra mondiale. Questa scelta segna la rottura con le regole della famiglia.
Pare che a Kansas City Walt Disney abbia lavorato per circa un mese presso un’agenzia pubblicitaria, dove avrebbe conosciuto Ubbe Ert Iwerks, bravissimo quanto straordinario disegnatore. Allora nessuno poteva immaginare che Walt e Ub avevano un appuntamento con la storia.
Walt trova lavoro come ritagliatore di immagini presso la “Kansas-City Ad”, società che si occupava di animazione (anche se ad un livello inferiore rispetto ai cartoni prodotti a New York in quegli anni). Scoppia la scintilla: chiede e ottiene in prestito una cinepresa con la quale esegue degli esperimenti. Walt intuisce che se fosse riuscito a far muovere quegli inermi pezzi di carta avrebbe rivoluzionato il mondo del disegno.
Con Ub Iwerks ottiene ottimi risultati, e grazie all’aiuto economico del fratello Roy, Walt Disney apre uno studio in cui realizzano gli storici “Laugh-o-grams”, “Alice Comedies” (in cui Disney mise una bimba vera in un mondo creato sui tavoli da disegno), “Oswald The Lucky Rabbit” (oggi ritenuto una sorta di anello di congiunzione tra ‘Felix The Cat’ di Otto Messmer e il celeberrimo ‘Topolino’). Presentati i loro lavori alle case di distribuzione, ottengono rapidamente un contratto con la Universal che intuisce l’enorme potenziale economico che la novità rappresenta.
Qualche tempo dopo le cose cominciano ad andare male. Per ricostruire la vicenda bisogna fare un passo indietro: la Universal a quel tempo era di proprietà di Margareth Winkler, donna abile nella gestione degli affari, che consentiva a Disney e Iwerks di ritenersi soddisfatti, anche sul piano economico. In quel breve periodo Walt e Ub assunsero diverse persone per mettere in piedi uno studio di animazione. Le cose cambiarono quando la Winkler prese marito. La Universal passò di fatto nelle mani del suo sposo Walter Mintz, il quale ritenne opportuno ridurre i pagamenti e trattare tutti con il pugno di ferro. I creativi che ruotavano intorno a Walt e Ub vennero messi ben presto alle strette. A nulla valsero le discussioni che ne seguirono: legalmente “Oswald”, il fortunato coniglio, apparteneva alla Universal e, quel che è peggio, Mintz aveva intrappolato Disney.
La produzione dei cartoni avveniva grazie ad un gruppo di animatori che Walt e Ub pagavano col denaro portato dai cartoni stessi; una volta tagliati i pagamenti non fu difficile per Mintz sottrarre forza lavoro a Disney. I soli a rifiutare di tradire Walt furono gli amici degli esordi: Les Clark, Johnny Cannon, Hamilton Lusky e, naturalmente Ub.
Il gruppo decide di reagire al ricatto creando un personaggio tutto loro. Semplicemente accorciando le orecchie di Oswald, trasformando la coda e ritoccando qualcosa qua e là ottengono ….. un topo.
Walt è un genio nell’ideare gag e situazioni interessanti; Ub realizza tutto su carta al ritmo impensabile di 700 disegni al giorno. Il miracolo viene intitolato “Plane Crazy”: il protagonista è un certo Mickey Mouse. L’idea rivoluzionaria è quella di aggiungere il sonoro e farlo parlare.
E’ il 18 novembre 1928 quando nel Colony Teather di New York viene proiettato un film di guerra, seguito da un breve cartone animato. Il giorno dopo è il tripudio. La data per molti coincide con l’inzio della biografia di Disney, quel Walt Disney inserito nelle pagine d’oro del libro di Hollywood.
Riceve il suo primo Oscar (ne seguiranno altri 31) nel 1932 per il film “Flowers and trees”. Il primo grande classico della animazione Disney risale al 1937: “Biancaneve e i sette nani”. Nel 1940 apre i suoi primi studios in California a Burbank. E’ il 1955 quando si decide il lancio di Disneyland e vengono realizzati i primi programmi per la televisione (tra cui ricordiamo Zorro): dieci anni più tardi Disney personalmente comincia a disegnare Epcot, un progetto per la vita nel futuro.
Il 15 dicembre 1966 un collasso cardiocircolatorio pone fine alla travagliata esistenza di un genio della creatività, capace di dar corpo ai sogni. In tutto il mondo la notizia ottiene grande risonanza.
Si ricorda spesso il commento del governatore della California, il futuro presidente Ronald Reagan: “Da oggi il mondo è più povero“.
Walt Disney è considerato una leggenda, un eroe del ventesimo secolo. La sua popolarità in tutto il mondo è basata sulle idee che il suo nome rappresenta: immaginazione, ottimismo e successo costruito da solo, nella tradizione americana. Walt Disney ha toccato i cuori, le menti e le emozioni di milioni di persone. Attraverso il suo lavoro ha portato la gioia, la felicità e i mezzi di comunicazione universali alla gente di ogni nazione.
Fonte: https://biografieonline.it
Per noi comuni mortali che per decenni abbiamo goduto delle geniali creazioni di Walt Disney, é stato un grande dispiacere apprendere, l’appartenenza alla massoneria e soprattutto vedere la simbologia, satanica e pedofila nascosta tra le immagini del grande genio.
Ci é crollato un mondo addosso e francamente caduti questi miti, che ritenevamo puliti e da imitare, ora non ci rimane più nulla. Un altro genio sprecato e al servizio del male.