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Smartphone e la questione dei consensi COVID

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La questione dei consensi COVID

Iniziamo da capo, toccando 4 punti della vicenda in oggetto.

1. Lo Stato aveva bisogno dei consensi privacy al trattamento del numero di cellulare delle persone. Certo, lo Stato aveva già il nostro numero, dato che la SIM viene acquistata fornendo il Codice Fiscale, ma i consensi privacy sottoscritti con l’Operatore prevedono solo quelli OBBLIGATORI per l’espletamento del servizio telefonico, oltre a quelli FACOLTATIVI per il marketing.
Lo Stato quindi, non poteva utilizzare i numeri di cellulare per altri scopi.
Quindi? TAMPONI (farlocchi) A TAPPETO. Infatti non bastava farsi il tampone, ma occorreva COMUNICARE IL NUMERO DI CELLULARE.
I tamponi servivano a raccogliere in maniera massiva i consensi privacy, un po’ come le autocertificazioni servivano a legittimare con il CONSENSO i DPCM in loco di atti aventi forza di Legge.

2. Autenticare con il SECONDO FATTORE DI AUTENTICAZIONE (PSD2) il proprio numero di cellulare, attraverso la ricezione dell’SMS post-tampone, post-isolamento volontario, post-vaccino, ecc…
In questo modo, il numero di telefono diventa UN DATO ANAGRAFICO, al pari di altezza, residenza, colore occhi, sesso, stato civile, ecc…
Da quel momento in avanti tutto ciò che viene effettuato con quel numero di telefono ha valore LEGALE di identificazione.

3. Con l’arrivo delle eSIM, il numero di telefono non sarà più su di un supporto rimovibile, ma sarà univocamente legato al numero seriale (IMEI) di un apparecchio telefonico, da comunicare al proprio Gestore. In questo modo, il valore legale del numero di telefono passa al telefono stesso.
Quindi il telefono diventa legalmente un documento.
Ecco come diventerà obbligatorio avere con sé il PROPRIO telefono-documento, per l’identificazione necessaria a fare TUTTO.

4. Il telefono non avrà più bisogno delle password, ma attraverso il servizio PassKey (già utilizzato da Apple e Google), il tutto sarà fruibile con l’impronta digitale (la stessa rilasciata per la Carta d’Identità…) e i dati biometrici.
Tra i dati biometrici figura anche il patrimonio genetico di chi si è sottoposto ai tamponi PCR (v. allegato).
I biolaboratori di cui tanto si parla, non servono affatto alla creazione e/o manipolazione di chissà quale virus, al massimo creano la spike tossica.
Lo scopo dei biolaboratori è catalogare e processare i miliardi di campioni di DNA raccolti in 3 anni di tamponi a tappeto!!!

Yara Gambirasio e i test del DNA (a Bergamo…) ti dicono nulla?
In pratica CoVID è l’obbligo di identificarsi in rete per qualsiasi cosa, e siccome i servizi saranno TUTTI digitali (Colao docet…), il Sistema deve necessariamente identificare il fruitore dei servizi stessi.
Ciò non può essere fatto fisicamente, in quanto non ci sarà un Operatore allo sportello che ci chiede il documento e ci guarda in faccia.
Quindi? Quindi occorre dare valore legale all’apparecchio che utilizziamo per accedere ai servizi, ESONERANDO così dal controllo il Sistema stesso, accollandoci NOI la responsabilità.

Un po’ come la tessera Bancomat: se un amico mi chiede di fare un prelievo col suo bancomat, io vado allo sportello, digito il suo PIN e faccio il prelievo. Tecnicamente il Bancomat ha dato i soldi al mio amico, in quanto digitando il PIN ho esonerato la banca dal controllo, assumendomi la responsabilità della titolarità dei codici.

Tutto ciò nasce dal Patriot Act del 2001, data da cui poi nascono le Big Tech.
Per inciso, Facebook nasce il 4 febbraio 2004: il 3 febbraio 2004 il DARPA ha chiuso il progetto LifeLog….ind

Fonte: Raffaella Regoli Canale Ufficiale – Autore: Un esperto che desidera rimanere anonimo

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