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Così Francia e Germania hanno provato a far fuori l’Italia dall’industria della Difesa UE

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Non è solamente una questione di numeri, come abbiamo visto ieri sul Giornale, e di correlatori nel piano per l’industria europea della Difesa. Quella che si sta giocando tra Strasburgo e Bruxelles è anche una partita che ha a che fare con il modello di governance da seguire. Ed è proprio su questo punto che si gioca l’ennesima sfida di Francia e Germania al Vecchio Continente.

Per il nuovo asse franco-tedesco il modello è quello di una centrale di acquisti unica e una produzione interna “Made in Europe” che abbia valori compresi tra l’80 e il 90%. Una percentuale impossibile da raggiungere per gran parte dei Paesi del Vecchio Continente. A questo progetto si oppone la visione portata avanti soprattutto dall’Italia, come spiega Elena Donazzan, vicepresidente della Commissione Itre e membro di Edip: “La nostra proposta è quella di tornare alla percentuale di Edirpa, il programma precedente. Il motivo è semplice: l’obiettivo dell’80-90% è, realisticamente parlando, impossibile da raggiungere”. Oggi sono solo due i Paesi che possono farlo: Francia e Germania. “Ma al prezzo di mettere in difficoltà tutti gli altri Stati europei – spiega la Donazzan, che prosegue – restiamo al 65%, come è già scritto nel programma precedente perché l’industria europea è già tarata su questo”. Non solo. La centrale unica rappresenta un problema di sovranità per la Difesa e quindi per le decisioni militari, che sono fatte anche di produzione. “Si tratterebbe di una cessione di sovranità che non vogliamo, oltre a un appesantimento burocratico”, afferma l’europarlamentare di Fratelli d’Italia.

Ma la battaglia più importante è quella relativa al numero dei Paesi che parteciperanno ai progetti. Francia e Germania puntano a non più di due membri, l’Italia invece ad almeno altre due. Il che presuppone quelle “third countries”, ovvero quelle nazioni che, per alleanze politiche e militari, ci sono amiche come Stati Uniti, Giappone e Israele. “Francia e Germania invece cercano di essere autosufficienti provando ad imporre la tecnologia delle loro industrie”. Un ultimo punto, infine, è quello riguardante il cosiddetto “Dual Use”, ovvero quei prodotti che possono essere usati sia nell’ambito civile sia in quello militare. “È un concetto che non è francese perché loro hanno internalizzato, mentre noi, in Italia, abbiamo una catena di piccole e financo veramente micro aziende che fanno pezzi che possono essere interessanti per il grande comparto della Difesa. L’esclusione del Dual use penalizza le nostre Pmi”, conclude la Donazzan.

L’Italia è così intervenuta con oltre 1400 emendamenti per provare a far cambiare rotta all’Europa, raccogliendo diversi consensi anche tra gli altri Stati membri. Perché il braccio di ferro, più che tra i diversi partiti politici, è tra Francia e Germania e le altre nazioni del Vecchio Continente.

Fonte: IlGiornale – Matteo Carnieletto – 28 Marzo 2025

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