Avrete già sentito dire l’espressione “De gustibus non est disputandum”. Si tratta di una locuzione latina. Come indica l’enciclopedia Treccani, la frase é traducibile in “sui gusti non si può discutere” è assai frequente nel linguaggio comune per affermare che i gusti sono soggettivi e ognuno ha diritto (ndr se non l’impone ad altri) ad avere i suoi, per quanto strani possano sembrare.
In molti attribuiscono il detto “De gustibus non est disputandum” a Plutarco, che a sua volta lo farebbe pronunciare a Giulio Cesare durante una cena nella quale viene servito un piatto immangiabile per i Romani: asparagi al burro. Il fatto sarebbe avvenuto fra il 59 e il 55 a.C., quando Giulio Cesare era governatore della Provincia della Gallia Cisalpina. In quell’epoca i nobili romani, amanti della vita gaudente, attribuivano al piacere della tavola uno dei massimi valori, e credevano che i propri gusti fossero i soli da ritenersi “civili”.
Una sera Cesare andò come ospite, assieme ai generali suoi più stretti collaboratori, nella “domus” milanese del ricco ed influente Valerio Leone. Tra le portate sarebbe stata servita una magnifica preparazione di asparagi conditi con il burro. Ai generali la pietanza non sarebbe piaciuta affatto, indicata come cibo “barbaro” non adatto al loro palato. Di fronte all’imbarazzante situazione Cesare, avrebbe placato gli animi con la frase: “De gustibus non disputandum est”.
In realtà, tale attribuzione è priva di fondamento.
Totò, il principe Antonio De Curtis, avrebbe invece affermato: “De gustibus non est sputazzella”