Emanuela Orlandi avrebbe vissuto fino al ’97 a Londra, segregata in un appartamentino gestito dai Padri Scalabriniani. Ma c’è di più ed è emerso ieri nel corso dell’ultima puntata di “Verissimo” di cui è stato ospite Pietro Orlandi che ha mostrato un documento inedito che apre scenari tanto agghiaccianti quanto, secondo il fratello della ragazza scomparsa, verosimili. “L’ho ricevuta – ha detto ieri Pietro Orlandi alla conduttrice del programma Silvia Toffanin – da una persona che mi ha contattato un anno fa. Si è presentato da me, dicendomi di averla vista a Londra”. Non è la prima volta che la capitale del Regno Unito viene tirata in ballo come possibile destinazione della cittadina vaticana rapita nel cuore di Roma il 22 giugno del 1983. I “cinque fogli” ritrovati in una cassetta di sicurezza del Vaticano circa dieci anni fa su cui c’era una nota spese sostenute per il mantenimento della ragazza dal 1983 al 1997, indicavano tra le uscite in denaro una retta versata a un convento londinese.
“Emanuela Orlandi è passata per Londra dopo il rapimento”. Il fratello Pietro: “Ho trovato documenti in cui ci sono riscontri” – Il Fatto Quotidiano
Per essere più precisi, secondo questa fonte, la ragazza non viveva insieme alle altre ragazze nel convento stesso. “Lui dice – ha dichiarato Orlandi – che Emanuela era in un appartamentino di fianco al suo, all’interno di questo ostello dei padri scalabriniani. Oltre al convitto avevano anche appartamentini singoli adiacenti alla struttura e loro, quest’uomo insieme ad altri, stavano in quello di fianco”.
Chi è l’uomo in questione? “Era una persona vicina ai Nar (Nuclei armati rivoluzionari, ndr) che alla fine dei ’70 conobbe il cardinale Ugo Poletti” che, lo ricordiamo, fornì la dispensa per la sepoltura del capo della fazione testaccina della Banda Magliana, il boss Enrico de Pedis, nella Basilica di Sant’Apollinare, sede della scuola di musica di Emanuela. Quest’uomo è il cosiddetto “postino” che il giornalista Alessandro Ambrosini descrive nella sua inchiesta “The Blackmail”, su Notte Criminale.
“Per me è una pista molto veritiera, lui sa questa cosa perché era lì. Mi ha raccontato ciò che sarebbe successo. La lettera è stata inviata dal cardinale Poletti all’ex segretario di Stato inglese e segretario del Ministero della Difesa. Dalla lettera si legge: “Egregio dottor Cooper, la ringrazio per essersi messo a disposizione in prima persona per la risoluzione immediata del problema totalmente inaspettato e indesiderato. Come sono sicuro le sia stato spiegato dai miei collaboratori nel Regno Unito, e avrà sicuramente appreso dai giornali internazionali, la signorina Emanuela Orlandi, è stata protagonista di vicende di primaria importanza nel panorama diplomatico internazionale ed è tuttora di vitale primaria importanza che la signorina Orlandi rimanga viva e in salute, per quanto con le apostoliche sedi è chiara la visione del Vaticano nello stabilire che anche un feto all’interno del grembo materno possiede un’anima, comprendo la sua preoccupazione ed essendone coinvolto in prima persona condivido anche parte del suo pensiero. Pertanto accetto il suo invito a Londra informandola che partirò per il Regno Unito il giorno 24 febbraio”. La lettera è datata primo febbraio del 1993. “Tutto ciò è molto vicino al mio pensiero, su quello che è successo a Emanuela”, ha aggiunto Orlandi.
“A riprova di ciò, ci sarebbe l’intestazione prestampata del vicariato del Vaticano. Ma domani diranno che è falsa perché Poletti nel ’93 non era più vicario. Nei “documenti particolari” – spiega Orlandi – erano inserite degli elementi come intestazioni vecchie per cui nel momento in cui fossero stati resi pubblici, sarebbe stato possibile dire che erano falsi”, ha spiegato Orlandi che conosce bene le dinamiche del Vaticano in cui è nato e cresciuto. Quindi, secondo questo documento Emanuela Orlandi era incinta e questo spiegherebbe un’altra voce contenuta nei “cinque fogli”: quella delle spese mediche che il Vaticano avrebbe sostenuto per curare la ragazza presso la Clinica St. Mary, per le cure svolte dalla ginecologa dott.ssa Leasly Regan. St Mary Hospital “Dove potrebbe essere stata ricoverata – ha aggiunto Orlandi – forse per interrompere la gravidanza. Per cui è stato chiesto aiuto da parte del Vaticano allo Stato Inglese. È stato coinvolto un ex rappresentante delle istituzioni inglese. Se non mi convocheranno, andrò all’ambasciata inglese”. E poi c’è una foto, di una collanina, inviata a Pietro Orlandi da quest’uomo che apparteneva ai Nar. Ne era in possesso perché quando sono stati coinvolti in questa storia, furono fotografate le cose di cui era in possesso Emanuela. “Era una piccola corda che lei aveva al collo, la aveva fatta lei stessa, era giallo rossa in onore dello scudetto della Roma”.
Prima di svanire completamente, e di cancellare i suoi account, quest’uomo ha detto al fratello Pietro di aver avuto contatti con Emanuela Orlandi. Non poteva parlarci, a quanto pare era suo compito sorvegliarla. Gli avrebbe anche detto che la ragazza non ha mai subito violenza, la sua reclusione era gestita da Poletti in questo appartamento dove nelle prime settimane con lei c’erano altre suore e dei sacerdoti. Io poi ho fatto delle ricerche su questa persona, coincidono con quanto mi ha detto. Continua Orlandi: “Lui confezionava ordigni casalinghi, era amico di Valerio Fioravanti. Ho provato a mettermi in contatto con Massimo Carminati ma non vuole incontrarmi. Non può aver inventato tutto, sarebbe folle. Quest’uomo mi ha detto che mi avrebbe raccontato solo le cose che aveva visto, non quelle che aveva sentito. Lui, in quanto vicino ai Nar, era molto legato alla Magliana e mi ha detto che la stessa banda era legata al cardinale Poletti. Mi ha riferito anche che in quegli anni organizzavano dei festini, era consuetudine. Nel gennaio del 1983 ha iniziato a ricevere l’incarico di andare in determinati punti dove incontrava delle persone che gli consegnavano delle ragazzine, di 12 o 13 anni, in stato di stordimento. Il suo compito era di consegnarle ad altre persone, di portarle da un punto all’altro con la sua auto. Succedeva ogni mese. Si è anche vergognato di dirmi questo, era pentito, perché io gliene ho dette. Ed è successo anche il 22 giugno di quell’anno” (il giorno in cui Emanuela è stata rapita, ndr)”. Queste notizie fanno pensare a un’altra storia dai tratti inquietanti. Nei primi mesi del 1983 la Capitale ha registrato una “altissima concentrazione” di ragazze scomparse, per cui si parlò anche di “tratta delle bianche” (per citare una approfondita inchiesta dell’epoca di Panorama) in riferimento allo sfruttamento sessuale delle malcapitate.
Ma stando alla confessione dell’ex Nar, Emanuela non avrebbe subito la stessa strada, “Perché c’era qualcosa in preparazione di più grande. Quella stessa sera, dice di aver chiamato la sala stampa vaticana, come gli era stato detto, per cercare il segretario di Stato Agostino Casaroli che però non c’era, era in Polonia e comunicargli che Emanuela Orlandi era stata presa”, ha aggiunto Orlandi. Che è quanto emerso anche dalle inchieste del compianto Andrea Purgatori che di questa telefonata aveva raccontato in una delle ultime puntate di Atlantide, quella del 19 aprile del 2023. Poi, l’uomo, all’epoca un ragazzino, sarebbe stato richiamato a luglio, perché le richieste dei ricattatori erano state soddisfatte. Quando Poletti è morto, quest’uomo è stato richiamato in Italia.
“Da quel momento, da quando è morto Poletti, di Emanuela non è più interessato a nessuno”, avrebbe detto l’uomo a Pietro. Il cardinale Poletti è morto nel 1997. Macabra coincidenza, il 1997 nei sopracitati cinque fogli della nota spese è anche l’anno del “disbrigo delle pratiche finali” che lasciano pensare a una sepoltura che, per quanto si legge sai cinque fogli, sarebbe avvenuta in Vaticano. Questo ci riporta alle conversazioni su whattsapp da cui è ripartito tutto: in cui persone vicine a Papa Francesco, nel 2014, parlavano di una cassa con oggetti o documenti, riferiti ad Emanuela, da spostare da un posto all’altro e da consegnare al cardinale Abril, arciprete di Santa Maria Maggiore. Secondo quanto detto da queste persone, di cui Pietro avrebbe fatto i nomi al procuratore del tribunale Vaticano Alessandro Diddi che però ancora non le ha convocate, questa cassa sarebbe stata spostata e depositata nei sotterranei della Basilica di Santa Maria Maggiore. Se effettivamente a Santa Maria Maggiore troveranno il muro indicato da questa persona e dietro a questo muro c’è questa cassetta, si apre uno scenario nuovo sul dopo 40 anni.
Fonte: Il Fatto Quotidiano – Alessandra De Vita – 5 Febbraio 2024