Pensioni: Ricalcolo in base a speranza di vita. Più sei vecchio, meno prendi. - Italiador
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Pensioni: Ricalcolo in base a speranza di vita. Più sei vecchio, meno prendi.

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Il dossier, c’è da starne certi, arriverà sul tavolo della riforma previdenziale alla quale lavora il governo. Anche perché la firma in calce è quella dell’Inps, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Il tema affrontato è complesso. E soprattutto delicato. Non solo perché si parla di pensioni, ma soprattutto perché quello che si mette in evidenza è uno “squilibrio”, che l’Inps definisce come una «ingiustizia» del sistema. Che dunque andrebbe corretta. Di cosa si tratta? Ci sono categorie di lavoratori che, arrivati a 67 anni, una volta andati in pensione, vivono mediamente più a lungo di altre. E lo stesso vale per i pensionati che risiedono in determinate Regioni. Il sistema con il quale viene calcolato l’assegno che un pensionato riceve, però, non tiene assolutamente conto di queste diversità. Il cosiddetto «coefficiente di trasformazione», il numero che “trasforma” in assegno i contributi versati durante tutta la vita lavorativa è uguale per tutti. Come detto per l’Inps è un’iniquità del sistema. Vediamo perché con qualche esempio.

[Omissis …]

Il concetto
Un concetto che nello studio dell’Inps viene ribadito più volte. Le differenze nella speranza di vita, si legge ancora, «si scontrano con l’utilizzo di un coefficiente di trasformazione unico per il calcolo della pensione che risulta fortemente penalizzante per i soggetti meno abbienti il cui montante contributivo viene trasformato in una pensione più bassa di quella che otterrebbero se si tenesse conto della loro effettiva speranza di vita. Viceversa», prosegue lo studio, «i più abbienti ottengono pensioni più elevate di quelle che risulterebbero da tassi che tengono conto della effettiva durata media della loro vita».

Di coefficienti di trasformazione, in realtà, si è già parlato anche ai tavoli con i sindacati per la riforma previdenziale. Una delle richieste spesso fatta dai rappresentanti di lavoratori e pensionati, è proprio quella di bloccare l’adeguamento dei coefficienti alla speranza di vita. Questi indici che trasformano i contributi in pensione, vengono aggiornati ogni due anni. Normalmente, siccome la speranza di vita aumenta, l’impatto degli adeguamenti è peggiorativo sugli assegni. L’idea di differenziarli ulteriormente in base all’attività lavorativa o alla Regione di residenza, non è semplicissima. Anche perché altre differenziazioni potrebbero essere messe sul piatto. Come quella tra uomini e donne, con queste ultime che hanno una speranza di vita mediamente superiore a quella dei maschi.

Fonte: IlMessaggero – Andrea Bassi – 21 Settembre 2023 per l’articolo intero clicca QUI

CONCLUSIONE
L’INPS si preoccupa di togliere i soldi ai pensionati che hanno una vita superiore alla pervisione statistica, tuttavia NON si preoccupano di quelli che hanno versato i contributi per una vita e sono morti anzitempo. L’INPS non tiene delle categorie, esempio i politici, che percepiscono la pensione con largo anticipo. Inoltre ricordiamo che stiamo parlando di nostri soldi versati allo stato, SOLDI NOSTRI, “dati in prestito dai cittadini per decenni”, senza ricevere un euro d’interessi attivi nonostante le speculazioni e l’impieghi che ne fa lo stato nel tempo. Senza parlare poi del denaro che passiamo mensilmente agli immigrati clandestini. Quindi cara INPS, NON ROMPERCI le TASCHE e cerca di essere più attenta alla corretta gestione della cosa pubblica.

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One comment

  1. Se il segnale è più vivi meno prendi, ci sono dalla costituzione dell’INPS categorie che vanno in pensione a 40 anni. Che faranno a questi daranno la pensione sino a 70 anni?

    E non sono pochi: forze di polizia comprensive di carabinieri e guardia di finanza che possono fruire di prepensionamenti, non so se invece questo sia possibile per le altre tre armi di stato ovvero marina, aereonautica ed esercito.

    Perché nessuno contesta questo che è una vera ingiustizia sociale?

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