Sono trascorsi sei anni da quando, il 14 Agosto 2018, il viadotto genovese Polcevera (comunemente conosciuto come ponte Morandi) crollò insieme ad uno dei piloni di sostegno, causando la morte di 43 persone. Oggi, dopo 170 udienze, la giustizia sembra un traguardo ancora molto lontano per i parenti delle vittime. Sono 58 le persone imputate nel processo – tra le quali si contano, oltre a tecnici e funzionari di Autostrade per l’Italia, anche dirigenti, nonché il ministero delle Infrastrutture e Spea, la società responsabile della manutenzione. Tra le accuse vi sono quella di omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso e omissione d’atti d’ufficio. Alcuni reati, come quelli di falso ideologico e rifiuto in atti d’ufficio, sono andati in prescrizione quest’anno.
16.000 pagine di trascrizione, 324 testimoni, 170 udienze, 58 imputati. Questi i numeri che da due anni fanno da sfondo all’intricato percorso giudiziario che dovrebbe dare giustizia alle vittime della tragedia del Ponte Morandi. A essere indagati, tra gli altri, sono l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, il capo delle operazioni Paolo Berti, e l’ex direttore delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli; con essi, anche l’ex amministratore delegato di Spea Antonino Galatà, e il responsabile tecnico Massimiliano Giacobbi. I capi di accusa sono diversi, ma qualcuno di essi è già caduto in prescrizione: nello specifico, i reati di falso ideologico sono prescritti a giugno 2024, così come anche i reati di rifiuto in atti di ufficio commessi nel 2016. Il 14 Febbraio 2026, per alcuni degli imputati, si estingueranno invece i reati di omicidio colposo stradale. L’ultima udienza si è svolta il passato 16 Luglio, e la prossima è prevista in data 11 Settembre, mentre il 23 settembre si deciderà se ricostruire le cause del disastro basandosi solo sulla perizia svolta in sede di incidente probatorio, o se integrarla come richiesto dalla difesa. A oggi, si teme che la sentenza slitti al 2026.
Gli imputati, le accuse, le cadute in prescrizione, e i tempi che si prospettano ancora fin troppo lunghi, non fanno che comprovare come le vittime del crollo siano ancora lontane dal ricevere la dovuta giustizia. Il Ponte Morandi è collassato la mattina del 14 Agosto 2018, alle 11:36, con il cedimento della frazione dell’infrastruttura collocata tra la pila 8 e la pila 10, che ha portato alla morte di 43 persone. I processi si sono aperti poco meno di 4 anni dopo la tragedia, il 7 Luglio 2022, ma per ora hanno portato a un nulla di fatto: Autostrade per l’Italia e Spea hanno scelto la via del patteggiamento, risarcendo le vittime con circa 30 milioni di euro, somma pari al valore dei lavori che si sarebbero dovuti fare per impedire il disastro. A Maggio 2023, invece, un consigliere di Autostrade ha rivelato che il rischio crollo risultava cosa nota già dal 2010: «c’era un problema di progettazione del Ponte Morandi ed era stata fatta una segnalazione. Avrei dovuto far casino ma non l’ho fatto, non so perché. Forse temevo di perdere il posto di lavoro», ha dichiarato il consigliere.
Fonte: L’Indipendente – Dario Lucisano – 14 Agosto 2024