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Quei milioni di tonnellate di plastica in mare, un rischio per tutti
Almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni anno. È come se, ogni minuto per 365 giorni, un camion della spazzatura riversasse tutto il suo contenuto in acqua. Senza sosta. Se non ci sarà un cambio di rotta, con una diminuzione della produzione e una maggiore attenzione allo smaltimento, nel 2050 i camion al minuto diventerebbero quattro. In quella data, in termini di peso, gli oceani potrebbero contenere più bottiglie che pesci. L’allarme è stato (ri)lanciato un anno fa a Davos, in Svizzera, all’apertura del Forum economico mondiale. Secondo il dossier presentato in quell’occasione, nei mari di tutto il mondo oggi ci sarebbero oltre 150 milioni di tonnellate di materie plastiche. Tra le acque più inquinate ci sono quelle del Mediterraneo. Il problema, infatti, non riguarda solo la spazzatura di grandi dimensioni (che spesso forma delle vere e proprie isole in mezzo all’acqua), ma anche i rifiuti che non riusciamo a vedere: la concentrazione delle microplastiche a largo delle nostre coste è persino maggiore di quella del Pacifico. A farne le spese, ovunque, sono gli esseri viventi. Se l’immondizia danneggia la flora e provocail soffocamento e la menomazione degli animali marini, le particelle vengono spesso ingerite da organismi che poi finiscono nei nostri piatti. Con effetti che, anche se gli studi in merito sono ancora agli inizi, sembrano dannosi anche per l’uomo.

 

 

Qual è la situazione nel Mediterraneo ?
Il Mediterraneo è, letteralmente, un mare di plastica. Secondo un rapporto dell’Unep (Agenzia ambientale delle Nazioni Unite), ogni giorno finiscono nelle sue acque 731 tonnellate di rifiuti in plastica. Il Paese che ne disperde di più nel Mare Nostrum è la Turchia (144 tonnellate al giorno), seguita da Spagna (125) e Italia (89,7). Il problema più grosso nel Mediterraneo sono le microplastiche: il 92 per cento della plastica presente è più piccola di 5 millimetri. Uno studio pubblicato su Nature, condotto dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Lerici (Ismar-Cnr) in collaborazione con alcune università, parla di “Mediterranean soup”: una zuppa mediterranea di plastica. In alcuni punti del mare, la concentrazione di particelle rilevata è la più alta del mondo: “Una media di 1,25 milioni di frammenti di plastica a chilometro quadrato, contro i 335 mila del Pacifico”. La distribuzione delle microplastichenon è omogenea. Il punto peggiore, secondo lo studio che ha raccolto dati per tre anni, è nel tratto compreso tra la Corsica e la Toscana (10 chili di microplastiche per ogni chilometro quadrato). Il migliore a nord-est della Puglia e a largo delle coste occidentali della Sicilia e della Sardegna (2 chili di microplastica per ogni chilometro quadrato). In acqua sono stati “pescati” inquinanti di tutti i tipi: polietilene, polipropilene, poliammidi, vernici. E anche i biopolimeri, teoricamente biodegradabili. A peggiorare la situazione c’è il fatto che il Mediterraneo è un mare chiuso: una particella potrebbe avere un tempo di permanenza pari a mille anni. In teoria, cioè, partendo dall’Adriatico potrebbe impiegare un millennio per attraversare lo stretto di Gibilterra e finire nell’oceano. Nelle acque del Mare Nostrum, poi, sboccano fiumi inquinati come il Danubio ed il Po.

Cosa possiamo fare ?
Per cercare di arginare un problema già grave bisogna agire subito. Le strade sono due: da una parte bisognerebbe diminuire il consumo (e quindi la produzione) di plastica, dall’altra c’è la necessità di smaltirla nel modo corretto. In entrambe le direzioni sono già state fatte delle mosse. Alcune città, come San Francisco, Amburgo e Montreal, hanno messo al bando le bottiglie di plastica. Altre hanno avviato campagne per sensibilizzare (ed educare) più gente possibile su come differenziare. Ma per raggiungere risultati concreti c’è bisogno non di azioni isolate, ma della collaborazione di istituzioni, cittadini e aziende. La plastica, ad esempio, non dovrebbe finire nelle discariche: una parte dovrebbe esere riciclata ed un’altra usata per ricavare energia. Alcuni Paesi sono sulla strada giusta. L’Italia può migliorare. Legambiente e altre associazioni hanno lanciato la proposta di arrivare a zero plastica in discarica entro il 2020. La cosa più importante, intanto, è che la plastica non venga mai abbandonata per strada, nei corsi d’acqua o a mare. Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a buttarla nei cassonetti giusti. Una goccia di civiltà in un oceano di spazzatura.

Fonte: Articolo estratto da https:// tg24sky.it/ambiente di Valeria Valeriano

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