Non è esattamente un capolavoro narrativo secondo i critici, tanto è vero che se ne erano perse le tracce, ma ora è tornato agli onori delle cronache per via dell’ epidemia, ma soprattutto perchè a scriverlo è stato, nel 1982, Stanley Johnson, padre di Boris Johnson, primo ministro inglese, infettato e poi scampato al pericolo di morire di coronavirus. Il libro di cui si discute, soprattutto nel Regno Unito, si chiama «The Marburg Virus» ed è una spy-story, ambientata tra Germania, Stati Uniti e Africa dalle contorte implicazioni politiche, che si snoda nel mezzo di una pandemia, tra sospette manipolazioni in laboratorio e la disperata corsa per sviluppare un vaccino.
Tutti elementi che hanno anticipato le cronache di questi mesi e che hanno spinto Stanley Johnson, così dice «The Guardian», a cercare un editore per farlo ripubblicare a distanza di 38 anni. In una intervista di qualche settimana fa su «The Telegraph» il padre di Boris si vantava: «Ho predetto tutto in un romanzo, 40 anni fa. Pregate per un lieto fine». Un lieto fine che fortunatamente c’ è stato per il figlio contagiato e finito in terapia intensiva, la nuora anch’ essa positiva e il piccolo Wilfred Lawrie Nicholas nato proprio nel bel mezzo dell’ emergenza senza alcun problema. Meno bene è andata ai tanti inglesi che si sono ammalati durante le prime settimane dell’ esplosione della malattia quando Sir Patrick Vallance, una delle due massime autorità mediche del governo di Boris Johnson, aveva detto pubblicamente che «Il 60% dei britannici dovrà contrarre il Coronavirus per sviluppare l’ immunità di gregge».
Dichiarazioni che sembravano essere condivise dal numero uno di Downing Street (in una conferenza stampa a Londra sostenne: «È la più grave crisi sanitaria in una generazione, moriranno molti nostri cari»), ma che poi è stato costretto a tornare sui suoi passi imponendo saggiamente il lockdown all’ intero Paese.